La vendetta è davvero così liberatoria?

La vendetta è davvero così liberatoria?

La vendetta è un’azione che ha come scopo non quello di cancellare l’offesa ricevuta, ma di reagire al colpo per “ristabilire la giustizia” seguendo  una norma culturale.  Questo comportamento è radicato e ci è stato trasmesso nel corso di migliaia di generazioni di ominidi. Diversi studi hanno infatti dimostrato come gli scimpanzé conservino il ricordo non solo di atti cooperativi ma anche di atti perpetrati a loro scapito attendendo il momento propizio per vendicarsi. La vendetta sembrerebbe quindi avere una funzione adattiva.

Ma è poi così vantaggiosa?

Il desiderio di vendetta è un sentimento naturale che non porta però a un effettivo risarcimento del torto subito in quanto non aiuta ad alleviare la sofferenza emotiva della vittima ma ad alimentarne la rabbia, il rancore e il risentimento. La vittima si ritroverà ad investire le sue risorse mentali sull’evento negativo, pensando e ripensando a come fare a dare una lezione al colpevole, alimentando ulteriormente le emozioni negative sperimentate. Inoltre anche se la vittima dovesse ripagare con la stessa moneta il trasgressore difficilmente vedrà soddisfatte le sue aspettative di rivalsa e di conseguenza proverà un crescente senso di impotenza e sconforto. Il risentimento cronico e il rimuginio ostile incidono inoltre negativamente sulla salute e sul benessere psicologico causando malessere e tensioni permanenti.

Il desiderio di vendetta è una reazione emotiva naturale che proviamo subito dopo un affronto, ma se il risentimento e il desiderio di vendetta perdurano o sono messi in atto, rischiano di alimentare lo stress e uno stato depressivo nella vittima. In molti casi sarebbe molto più utile perseguire il perdono.

Che cosa vuol dire perdonare?

Per perdonare è necessario innanzitutto riconoscere di essere vittime di un’offesa, cioè di  un’azione che si ritiene ingiusta e immorale e, in parte, intenzionale. In altre parole, l’offesa è per la vittima qualcosa che non sarebbe dovuta accadere e che avrebbe potuto non accadere. Perdonare non significa giustificare o dimenticare il torto subito e non comporta necessariamente una reinterpretazione più benigna di quanto successo. Il perdono è un processo che richiede tempo e fatica, che dovrebbe comportare un ricordo dell’offesa avuta in origine che susciti emozioni meno intense e dolorose e che riesca a far emergere gli eventuali risvolti positivi dell’aver saputo superare e fronteggiare un’esperienza simile.

Quali gli effetti positivi del perdono?

Il perdono determina un maggiore benessere fisico e psicologico rispetto alla vendetta. Chi concede il perdono ha una pressione arteriosa più bassa, un sistema immunitario più forte, riferisce minori livelli di stress, stanchezza, depressione, insonnia, un minor utilizzo di farmaci, ha abitudini di vita più salutari e si dice più soddisfatto di sé e della propria vita in generale. Il perdono aiuta a contrastare l’azione dello stress che viene alimentata dai processi mentali della ruminazione mentale e sul piano mentale consente di liberarsi da rabbia, odio, ostilità, tristezza che lasciano poche risorse da investire in risposte più adattive e positive.

Come può essermi d’aiuto il supporto psicologico?

Attraverso un percorso psicologico la persona può essere accompagnata nel modo di fronteggiare le situazioni e reagire ad esse. Di fronte a un torto subito è possibile prendere una strada più funzionale rispetto a quella della vendetta che aiuti a superare l’ingiustizia subita e ad interrompere il meccanismo mentale della ruminazione rabbiosa.

BIBLIOGRAFIA

Barcaccia B. & Mancini F. (a cura di) Teoria e Clinica del Perdono (146.185). Raffaello Cortina Editore.